Storia della Pieve
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Vita
dei Santi
Testo
tratto dalla Tesi di Laurea in Architettura della Università degli
Studi di Genova di Antonio Pellino e Roberto Re intitolata
"Progetto, previa indagine storica, ambientale e archiettonica, per il
recupero della Pieve di Santa Maria Assunta, Palmaro - Genova", Anno accademico
1989-90.
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L'Assunta
E’ la
grande e universale festa della Vergine, di cui si celebra oggi il " transito
", cioè il passaggio dalla vita terrena alla gloria dei Cieli. Per
di più, secondo la dottrina della Chiesa, il Transito della Vergine
è coronato dalla sua corporea Assunzione.
La festa
di oggi si chiama anche, come si sa, Ferragosto, in ricordo delle antiche
Feriae
Augusti, cioè vacanze del mese di agosto. E' molto antica anche
la devozione dell'Assunta, ornata di bellissime e poetiche leggende. E
l'arte cristiana è ricca di rappresentazioni della Assunta, specialmente
nella scena che mostra il sepolcro della Madonna aperto e rigurgitante
di fiori.
Attorno
al sepolcro sono gli Apostoli, che la leggenda dice portanti in volo, all'annunzio
della morte, anzi dell'addormentamento, la Madre celeste. Ultimo a giungere
sarebbe stato San Tommaso, l'incredulo, al quale la Vergine, salendo in
cielo tra il turbinare degli Angioli, getta il cingolo, a dimostrazione
della sua Assunzione in cielo in corpo e anima.
Perché
il punto teoIogico è questo: Gesù " ascende " al Cielo, diciamo
così, per virtù propria; la Vergine invece è " assunta
" in Cielo per i meriti dei proprio Figlio. Ma tutti e due, Madre e Figlio,
sono già in Cielo in corpo ed anima: premessa ed arra della nostra
resurrezione all'eterna vita.
Dante
Alighieri, nel suo poema sacro, dice che Gesù e Maria hanno le "
due stole " cioè son già in Cielo col corpo e con l'anima,
mentre tutti gli altri dovranno aspettare il giorno della Resurrezione
e del Giudizio finale. Il poeta cristiano si faceva interprete dell'universale,
antichissima devozione della Vergine Assunta, in Oriente e in Occidente.
In Oriente la festa della Madonna di Ferragosto veniva già celebrata
nel V secolo, in ricordo della Dormitio cioè " addormentamento
" della Vergine, anche se non si parlava ancora di Assunzione. Due secoli
dopo, però, a Roma, la festa era già dedicata a commemorare
l'Assunzione di Maria.
Difatti,
in assenza di qualsiasi accenno alla sepoltura e alla reliquia, in terra,
della più alta tra le creature, i teologi cattolici si domandarono
se Maria dopo il suo " addormentamento ", poteva essere trattenuta dai
legami della morte, avendo generato nella propria sostanza il Verbo incarnato.
Sant'Epifanio,
e specialmente San Modesto di Gerusalemme, formularono così per
primi, in Oriente, la dottrina dell'Assunzione, seguiti poi da San Germano
di Gerusalemme, da San Giovanni Damasceno e da Sant'Andrea di Creta.
In Occidente
il primo assertore dell'Assunzione fu San Gregorio di Tours e, molto più
tardi, San Tommaso d'Aquino e San Bonaventura da Bagnoregio confermarono
quella tesi con la loro profonda dottrina teologica. Così la devozione
popolare per l'Assunta venne sempre più estendendosi, e attorno
al Mille sorsero molte chiese dedicate alla Vergine glorificata anche nel
corpo e oggetto di sincera e profonda pietà da parte del popolo
cristiano. Doveva toccare al Sommo Pontefice Pio XII, in comunione e con
l'approvazione dei Vescovi di tutto il mondo cattolico, la responsabilità,
ma anche la gloria di proclamare il dogma della Vergine Assunta, nell'anno
giubilare 1950.
in onore
e per devozione della Madonna molte donne furono, sono e saranno ancora
battezzate col nome di Assunta. Perciò abbiamo inserito questa festività
mariana fra i giorni onomastici, come quello di Annunziata nel giorno dell'Annunciazione
e quello di Carmela nel giorno della Madonna del Carmelo.
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Sant'Antonino
- Abate del IX secolo
Il
Santo Antonino di oggi fu una delle maggiori glorie della Chiesa sorrentina.
Egli vien detto Sant'Antonino Abate, e non va confuso con Sant'Antonio,
Patriarca degli eremiti orientali. In giovane età, si fece monaco
benedettino a Montecassino. Si sa come questa famosa Abbazia, fondata da
San Benedetto, cuIla e guida del monachesimo occidentale, sia stata distrutta
più volte nel corso dei secoli, fino all'ultima, dolorosissima rovina
dell'ultima guerra mondiale, quando un bombardamento degli Alleati la rase
completamente al suolo. Al tempo di Sant'Antonino, tra l'VIlI e il IX secolo,
nemici di Montecassino, cioè dello spirito benedettino e della innovatrice
opera religiosa e civile dei monaci, erano i Saraceni e i Longobardi. Per
sfuggire alla loro minaccia, i monaci dell'Abbazia si dispersero. Sant'Antonino,
per esempio, si rifugiò a Stabia.
Spesso
in quei tempi tormentati, gli spiriti migliori lasciavano le cure e le
seduzioni del mondo, per seguire in solitudine la vocazione alla preghiera.
Fu quello che fece il Vescovo di Stabia, seguito dal suo fedele Vicario
Antonino. In seguito Antonino accettò l'invito degli abitanti di
Sorrento che lo volevano presso di loro. Eccolo così monaco esemplare
nell'Abbazia di Sant'Agrippino, condotta dall'Abate Bonifacio. Eccolo,
dopo lunghe insistenze, successore di Bonifacio, alla morte dell'Abate.
Tra le
severe mura del convento benedettino il popolo di Sorrento ebbe così
una specie di Angiolo custode in carne ed ossa, operoso e devoto, padre
sapiente dei suoi religiosi, e padre benevolo, accanto al Vescovo della
città, anche di tutto il popolo.
Grande
fu perciò il compianto, quando, verso l'830, l'Abate Antonino venne
a morte. Ma con la morte non finiva, anzi aveva inizio, l'affettuoso patrocinio
del Santo taumaturgo, sempre pronto ad intercedere in aiuto del suo popolo.
Egli lasciò
detto di non voler esser sepolto né fuori né dentro la città.
Perciò la sua sepoltura fu curiosa; scavata attraverso le mura di
cinta. Presto però, in quel luogo le mura cedettero il posto ad
una cappella; poi ad una chiesetta. Oggi, la Chiesa di Sant'Antonino Abate
è la più bella della bella Sorrento, distesa tra il mare
azzurro e le colline verdi di aranceti. La chiesa accoglie le reliquie
del Patrono della città, che i Turchi devastatori sottrassero nel
1558, ma che un prigioniero di guerra riuscì a riportare in patria.
E il ricordo di Sant'Antonino è come un faro che illumina, dalla
penisola sorrentina, l'ampio orizzonte di terre e di mari, che forma l'incanto
della costa campana.
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Sant'Erasmo
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Martire del IV secolo
Erasmo
è nome di origine greca ed ha il significato, assai bello, di "
desiderato " o meglio " amato ".
Sant'Erasmo
fu Vescovo di Formia, in Campania, e sul suo conto esistono favolose leggende
nel quadro della persecuzione di Diocleziano, agli inizi del IV secolo.
Si dice infatti che fosse Vescovo in Asia Minore, nella Siria, e che per
sfuggire ai persecutori venisse rapito da un angelo e trasportato a volo
nell'Illiria, cioè nell'odierna Dalmazia. Qui convertì moltissimi
pagani, prima di essere scoperto e catturato. E di nuovo un angelo lo salvò
in volo, trasportandolo sulle coste della Campania. Divenne allora Vescovo
di Formia, ma per breve tempo. Morì di lì a poco per le ferite
riportate nei due supplizi e perciò ebbe il titolo di Martire.
L'unico
dato sicuro di questa fantasiosa vicenda è la presenza, a Formia,
delle reliquie di Sant'Erasmo. Quando, nel IX secolo, la città fu
distrutta dai Saraceni, le reliquie vennero trasferite nella non lontana
Gaeta, e di questa città Sant'Erasmo è ancora venerato come
Patrono.
La fantasia
devota arricchì la sua figura di particolari suggestivi. Tra le
" crudelissime torture " che il martirologio gli attribuisce, s'immaginò
per esempio, che al Martire venisse squarciato il ventre e fossero strappati
gli intestini. Tale raccapricciante supplizio valse a Sant'Erasmo fama
di protettore nei mali del ventre e dei visceri, non escluse le doglie
del parto.
Per rendere
più truce ed evidente la scena del supplizio, gli artisti vi raffigurarono
un argano, attorno al quale il carnefice avvolgeva, come una fune, i visceri
strappati al Santo.
I devoti
della Campania erano quasi tutti marinai. Sui loro navigli non mancavano
gli argani sui quali venivano avvolte le gomene. Parve così che
Sant'Erasmo si trovasse a proprio agio sulle navi, e venne senz'altro assunto
tra i protettori dei marinai, numerosi quanto lo sono i pericoli del mare.
A bordo,
il nome di Erasmo si mutò in quello di Elmo, ed ebbe un curioso
seguito. Le spettrali fiammelle che si vedono, o si vedevano un tempo,
sugli alberi e i pennoni delle navi, prima o dopo le tempeste di mare,
e che sembra siano dovute a scariche di elettricità statica, vennero
dette comunemente " fuochi di Sant'Elmo ". Si volle, cioè, attribuirle
alla protezione che il Santo sicuramente non avrebbe fatto mancare ai marinai,
trasformando la loro nave in una specie di immenso candelabro, implorante
la salvezza contro le forze scatenate della natura.
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Sant'Isidoro
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Confessore del XII secolo
Il
25 maggio 1622, un decreto del Papa Gregorio XV canonizzava cinque Santi:
un italiano, Filippo Neri, e quattro spagnoli, Ignazio da Loyola, Francesco
Saverio, Teresa d'Avila e Isidoro contadino.
1 primi
quattro erano giunti rapidamente agli onori dell'altare, essendo tutti
vissuti nel '500. L'ultimo invece aveva stentato per quasi cinque secoli,
e vi giungeva spinto da Filippo 11, Re di Spagna.
Isidoro
era un povero contadino e si sarebbe sentito un po' impacciato, tra gli
altri, se la santità potesse conservare qualcosa di mondano e la
gloria del Cielo non fosse identica per tutti coloro che l'hanno meritata,
anche in diversissima maniera. Isidoro, per esempio, se l'era meritata
zappando la terra. Non c'era altro modo, per il povero giovane, nato a
Madrid, sul finire dell'XI secolo, da genitori che non gli potevano dare
se non buoni ammaestramenti morali, indicandogli la Chiesa come l'unico
luogo nel quale non era impedito l'accesso ai poveri e agli ignoranti.
Isidoro
trovò da lavorare, come contadino, sulla terra d'un ricco proprietario,
Giovanni de Vergas. Aveva buona salute, e la zappa non gli pesava. Presto,
con la mano callosa, impalmò una giovane, come lui sana, onesta,
religiosa. Ogni mattina, Isidoro si alzava prima del dovuto, per recarsi
a pregare in una Chiesa. Il lavoro gli sembrava poi più leggero.
E gli riusciva meglio.
Il padrone
stupiva di come Isidoro potesse zappare tanta terra o tracciare tanti solchi.
Un giorno, non veduto lo sorvegliò, e il suo stupore crebbe in meraviglia,
scorgendo due giovani al fianco del contadino. Ma se Isidoro sudava, quei
due giovani suoi aiutanti conservavano inalterabile la loro fattezza, perché
erano due creature angeliche.
A Giovanni
de Vergas non rimase che affidare completamente la propria terra al contadino
che poteva disporre di tali opre. Ed allora la terra rese ancora di più,
con gran vantaggio non solo del padrone, ma dei poveri, ai quali Isidoro
donava quasi tutta la sua parte, d'accordo con la moglie. Nonostante ciò
non mancarono mai di nulla.
Tra i
poveri, durante l'inverno, Isidoro considerava anche i passerotti, privi
di cibo. Andando al mulino, aveva cura di sparpagliare per via manciate
di grano.
E infatti
seminava carità per i poveri uccelli affamati. Giungeva così
al mulino col sacco mezzo vuoto, ma poi ritornava col medesimo sacco colmo
di farina, perché sotto la macina il poco grano rimasto rendeva
il doppio. Quando morì, nel 1130, morì come un semplice contadino.
Venne sepolto senza particolari onori nel camposanto di Sant'Andrea, sempre
a Madrid. Ma anche da quel campo, Isidoro continuò a fare la carità.
Sulla sua tomba fiorivano i miracoli. Quarant'anni dopo, nel 1170, fu trasportato
in una Chiesa, dove i miracoli continuarono.
Il Re
Filippo 11, per guarire d'una grave malattia, si fece portare le reliquie
nella reggia. Dopo di che, ricevuta la grazia, fece sapere a Roma che lì
a Madrid, un Santo contadino aspettava, da cinque secoli, la canonizzazione.
Il Papa, come abbiam detto, pose Sant'Isidoro tra Ignazio da Loyola e Francesco
Saverio, tra Filippo Neri e Teresa d'Avila. E da quel giorno, i contadini
ebbero un Santo protettore, contadino come loro, come loro laborioso, ma
forse più di loro generoso.
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