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Catechesi “Guarire il mondo”: 7. Cura della casa comune e atteggiamento contemplativo
PAPA FRANCESCO
UDIENZA GENERALE – sintesi
Mercoledì 16 settembre 2020
Per uscire da una pandemia, occorre curarsi e curarci a vicenda. E bisogna sostenere chi si prende cura dei più deboli, dei malati e degli anziani. C’è l’abitudine di lasciare da parte gli anziani, di abbandonarli. Queste persone svolgono un ruolo essenziale nella società di oggi.. Il prendersi cura è una regola d’oro del nostro essere umani, e porta con sé salute e speranza. Prendersi cura di chi è ammalato, di chi ha bisogno, di chi è lasciato da parte: questa è una ricchezza umana e anche cristiana. Questa cura, dobbiamo rivolgerla anche alla nostra casa comune: alla terra e ad ogni creatura. Abusarne, invece, è un peccato grave che danneggia, che fa male e che fa ammalare.
Il migliore antidoto contro questo uso improprio della nostra casa comune è la contemplazione. «Quando non si impara a fermarsi ad ammirare e apprezzare il bello, non è strano che ogni cosa si trasformi in oggetto di uso e abuso senza scrupoli». Le creature hanno un valore in sé stesse e «riflettono, ognuna a suo modo, un raggio dell’infinita sapienza e bontà di Dio». Questo valore e questo raggio di luce divina va scoperto e, per scoprirlo, abbiamo bisogno di fare silenzio, abbiamo bisogno di ascoltare, abbiamo bisogno di contemplare. Anche la contemplazione guarisce l’anima.
Sfruttare il creato: questo è il peccato. Crediamo di essere al centro, pretendendo di occupare il posto di Dio e così roviniamo l’armonia del creato, l’armonia del disegno di Dio. Diventiamo predatori, dimenticando la nostra vocazione di custodi della vita. Certo, possiamo e dobbiamo lavorare la terra per vivere e svilupparci. Ma il lavoro non è sinonimo di sfruttamento, ed è sempre accompagnato dalla cura: arare e proteggere, lavorare e prendersi cura.
Non possiamo pretendere di continuare a crescere a livello materiale, senza prenderci cura della casa comune che ci accoglie. I nostri fratelli più poveri e la nostra madre terra gemono per il danno e l’ingiustizia che abbiamo provocato e reclamano un’altra rotta. Reclamano da noi una conversione, un cambio di strada: prendersi cura anche della terra, del creato. Dunque, è importante recuperare la dimensione contemplativa, cioè guardare la terra, il creato come un dono, non come una cosa da sfruttare per il profitto. Quando contempliamo, scopriamo negli altri e nella natura qualcosa di molto più grande della loro utilità. Contemplare il bello non vuol dire sfruttarlo: contemplare è gratuità. Scopriamo il valore intrinseco delle cose conferito loro da Dio. Come hanno insegnato tanti maestri spirituali, il cielo, la terra, il mare, ogni creatura possiede questa capacità di riportarci al Creatore e alla comunione con il creato.
Ad esempio, Sant’Ignazio di Loyola, alla fine dei suoi Esercizi spirituali, invita a scoprire la presenza di Dio nelle sue creature e, con libertà e grazia, amarle e prendersene cura. La contemplazione, che ci conduce a un atteggiamento di cura, non è un guardare la natura dall’esterno, come se noi non vi fossimo immersi. Ma noi siamo dentro alla natura, siamo parte della natura. Si fa piuttosto a partire da dentro, riconoscendoci parte del creato, rendendoci protagonisti e non meri spettatori di una realtà amorfa che si tratterebbe solo di sfruttare. Chi contempla in questo modo prova meraviglia non solo per ciò che vede, ma anche perché si sente parte integrante di questa bellezza; e si sente anche chiamato a custodirla, a proteggerla.
E c’è una cosa che non dobbiamo dimenticare: chi non sa contemplare la natura e il creato, non sa contemplare le persone nella loro ricchezza. E chi vive per sfruttare la natura, finisce per sfruttare le persone e trattarle come schiavi. Questa è una legge universale. Chi sa contemplare, più facilmente si metterà all’opera per cambiare ciò che produce degrado e danni alla salute. Si impegnerà a educare e promuovere nuove abitudini di produzione e consumo, a contribuire ad un nuovo modello di crescita economica che garantisca il rispetto per la casa comune e il rispetto per le persone.
Il contemplativo in azione tende a diventare custode dell’ambiente. Ognuno di noi dev’essere custode dell’ambiente, della purezza dell’ambiente affinché il nostro stile di vita sia sempre sostenibile. Infine, contemplare e prendersi cura: ecco due atteggiamenti che mostrano la via per correggere e riequilibrare il nostro rapporto di esseri umani con il creato.
Tante volte, il nostro rapporto con il creato sembra essere un rapporto tra nemici: distruggere il creato a mio vantaggio; sfruttare il creato a mio vantaggio. Non dimentichiamo che questo si paga caro; non dimentichiamo quel detto spagnolo: “Dio perdona sempre; noi perdoniamo a volte; la natura non perdona mai”.
Quando abbiamo questo rapporto – mi permetto la parola – “fraternale” in senso figurato con il creato, diventeremo custodi della casa comune, custodi della vita e custodi della speranza, custodiremo il patrimonio che Dio ci ha affidato affinché ne possano godere le generazioni future. E qualcuno può dire: “Ma, io me la cavo così”. Ma il problema non è come tu te la caverai oggi, il problema non è come te la cavi tu, oggi; il problema è: quale sarà l’eredità, la vita della generazione futura? Pensiamo ai figli, ai nipoti: cosa lasceremo, loro, se noi sfruttiamo il creato? Contemplare per curare e per custodire e per lasciare un’eredità alla futura generazione.