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Sete di Parola dal 13 al 19 Marzo 2016
Quinta Settimana di Quaresima dell’Anno C
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Domenica 13 Marzo 2016 > Domenica della Quinta Settimana di Quaresima
Liturgia della Parola > Is 43,16-21; Sal 125; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11
La Parola del Signore …è ascoltata
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
…è meditata
Una trappola ben congegnata, per porre Gesù o contro Dio o contro l’uomo. Gli scribi e i farisei gli condussero una donna… la posero in mezzo. Donna senza nome, che per scribi e farisei non è una persona, è una cosa, che si prende, si porta, si conduce, si pone di qua o di là, dove a loro va bene. Che si può mettere a morte. Una donna su cui gli uomini possono fare la massima delle violenze, compiuta per di più dagli uomini del sacro, legittimata da un Dio terribile e oscuro, amante non della vita ma della morte. Una donna ferita nella persona, nella sua dignità, nella sua grandezza e inviolabilità. Contro la quale i difensori di Dio commettono un peccato più grave del peccato che vogliono punire.
Gesù si chinò e scriveva col dito per terra… Davanti a quella donna Gesù china gli occhi a terra, come preso da un pudore santo davanti al mistero di lei. Gli fa male vederlo calpestato in quel modo.
«Chi di voi è senza peccato getti per primo la pietra contro di lei». Gesù butta all’aria tutto il vecchio ordinamento con una battuta sola, con parole taglienti e così vere che nessuno può ribattere. Nessuno ti ha condannata? Neanch’io ti condanno. Ecco la giustizia di Dio: non quella degli uomini ma quella di Gesù, il giusto che giustifica, il santo che rende giusti, venuto a portare non la resa dei conti ma una rivoluzione radicale dei rapporti tra Dio e uomo, e di conseguenza tra uomo e uomo. A raccontare di una mano, di un cuore amorevole che ci prende in braccio e, per la prima volta, ci ama per quello che siamo, perdonando ogni errore, sciogliendo ogni ferita, ogni dolore. Va e d’ora in poi non peccare più: ciò che sta dietro non importa, importa il bene possibile domani.
Queste parole Gesù desidera ripeterle anche a me. Soprattutto quando lo incontro nel Sacramento della Riconciliazione. Qui Egli mi assicura: “Non ti condanno”, cioè ti assolvo, ti perdono. Ciò che ti pesa del tuo passato è sommerso nella mia misericordia. “Va’”, cioè rimettiti in cammino insieme ai tuoi fratelli anch’essi perdonati e rinnovati come te. Io sono con voi e vi sostengo con la mia forza.
Ma queste parole Gesù vuole ripeterle attraverso di te a molte altre persone. Ciò accade ogni volta che nei rapporti familiari e sociali, davanti all’ennesimo fallimento dell’altro, attivi nel tuo cuore la misericordia e sai dire più con l’atteggiamento che con le parole: “Non ti condanno. Non ti tolgo la mia stima e la mia fiducia. Guardo con speranza al tuo futuro. Scommetto sulle tue risorse, sulle tue possibilità e soprattutto sull’amore che Dio ti porta”. In questo modo aiuteremo il fratello a rialzarsi e a riprendere con nuovo slancio il cammino.
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Dio non si vergogna della bassezza dell’uomo, vi entra dentro (…) Dio è vicino alla bassezza, ama ciò che è perduto, ciò che non è considerato, l’insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto; dove gli uomini dicono “perduto”, lì egli dice “salvato”; dove gli uomini dicono “no”, lì egli dice “sì”.
Dove gli uomini distolgono con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo, lì egli posa il suo sguardo pieno di amore ardente e incomparabile. Dove gli uomini dicono “spregevole”, lì Dio esclama “beato”.
Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, proprio lì Dio ci è vicino come mai lo era stato prima.
Lì egli vuole irrompere nella nostra vita, lì ci fa sentire il suo approssimarsi, affinché comprendiamo il miracolo del suo amore, della sua vicinanza e della sua grazia.
…è pregata
Tu, o Cristo, che hai giustificato il pubblicano, che hai avuto compassione dell’adultera, e hai aperto al ladrone le porte del Paradiso, aprimi il tesoro della tua bontà e poiché mi avvicino e ti tocco, accoglimi come la peccatrice e l’inferma che hai guarito.
…mi impegna
Al termine di una vita passata nella santità, come al termine di una vita di delitti, la modalità per entrare in paradiso è una sola: Signore, abbi pietà di me, perché sono un peccatore. Non disperarti, pensando di non poter cambiare te stesso dopo tanti anni. Entra semplicemente come sei alla presenza di Gesù. Tu non puoi renderti diverso. Gesù viene a darti un cuore nuovo, uno spirito nuovo, una nuova mente e un nuovo corpo. Lasciati trasformare dal suo Amore.
Lunedì 14 Marzo 2016 > Lunedì della Quinta Settimana di Quaresima
Liturgia della Parola > Dn 13,1-9.15-17.19-30.33-62; Sal 22; Gv 8,12-20
La Parola del Signore …è ascoltata
In quel tempo, di nuovo Gesù parlò ai farisei e disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». Gesù rispose loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado. Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. E nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera. Sono io che do testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me». Gli dissero allora: «Dov’è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio». Gesù pronunciò queste parole nel luogo del tesoro, mentre insegnava nel tempio. E nessuno lo arrestò, perché non era ancora venuta la sua ora.
…è meditata
Il vangelo di Giovanni è un crescendo di tensione e di incomprensione nei confronti del Maestro. Molti sostengono, a ragione, che il processo di Gesù si svolge durante la sua permanenza a Gerusalemme e che l’incontro col Sinedrio, quindi, serva solo a comunicargli la sentenza. Si sente l’odio crescente, il desiderio di metterlo in imbarazzo. Nelle ultime settimane abbiamo seguito la polemica sulla pretesa messianica di Gesù. Eppure, e questo mi emoziona, Gesù non si arrende, non fugge, non evita di mostrarsi. Intorno a lui vede persone che lo abbandonano, i devoti del tempo, i farisei, accusano Gesù di destabilizzare il loro insegnamento… chi si crede di essere? Ha a cuore l’annuncio della Parola, anche se rischia di diventare un peso da togliere, un problema da eliminare. E oggi, ancora evangelizza, proclama, urla la sua fede: è lui la luce del mondo, lui illumina, lui rischiara, e non di luce propria ma di quella luce con cui il Padre l’ha fatto diventare punto di riferimento per l’umanità. Sì, il Signore è la luce del mondo, l’unico che riesce a illuminare le nostre tenebre, impariamo da lui, anche nei momenti di fatica, a non tacere, a non nascondere la lampada sotto lo sgabello…
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Il Signore è Luce vera, il Signore è gioia, il Signore vuole la verità e la gioia di noi stessi.
Card. C.M. Martini
…è pregata
C’è buio in me in te invece c’è luce; sono solo, ma tu non m’abbandoni;
non ho coraggio, ma tu mi sei d’aiuto; sono inquieto, ma in te c’è la pace; c’è amarezza in me, in te pazienza; non capisco le tue vie, ma tu sai qual è la mia strada. Tu conosci tutta l’infelicità degli uomini; tu rimani accanto a me, quando nessun uomo mi rimane accanto, tu non mi dimentichi e mi cerchi, tu vuoi che io ti riconosca e mi volga a te. Signore, odo il tuo richiamo e lo seguo, aiutami! Signore, qualunque cosa rechi questo giorno, il tuo nome sia lodato!
…mi impegna
Certamente, non siamo ‘tenebra’ perché Cristo ci ha resi “figli della luce”, ma corriamo continuamente il rischio di esservi risucchiati, «sorpresi», come ammonisce Gesù. Ma anche se per un momento ci fossimo arresi al buio, c’è una verità dirompente che può rimettere in circolazione inattese energie spirituali: la certezza di essere amati da Dio, che si ravviva quotidianamente nel dialogo orante con Lui. Ecco perché è importante che “nel mentre attendiamo alle cure quotidiane, facciamo in modo che la parte più preziosa di noi, più attenta, sia dedicata a quello che noi sappiamo essere importante”.
Martedì 15 Marzo 2016 > Martedì della Quinta Settimana di Quaresima
Liturgia della Parola > Nm 21,4-9; Sal 101; Gv 8,21-30
La Parola del Signore …è ascoltata
In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire». Dicevano allora i Giudei: «Vuole forse uccidersi, dal momento che dice: «Dove vado io, voi non potete venire»?». E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati». Gli dissero allora: «Tu, chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che io vi dico. Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo». Non capirono che egli parlava loro del Padre. Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite». A queste sue parole, molti credettero in lui.
…è meditata
Chi è veramente Gesù? Questa domanda è cresciuta nel tempo del ministero di Gesù, fino a raggiungere la consapevolezza, da parte dei contemporanei di Gesù della pretesa messianica di Gesù. La crescente tensione che Gesù subisce è ben documentata dal vangelo di Giovanni che stiamo leggendo in questa fine di quaresima. Anche noi, come l’uditorio del Nazareno, ci chiediamo: chi è veramente quest’uomo? Nel brano di oggi Gesù vola alto, ci provoca, ci scuote: per diverse volte, riferito a se stesso, usa il nome di Dio “Io sono”. Il solo pronunciare il nome di Dio era un gravissimo reato, un abominio, un orribile peccato! Era impensabile che qualcuno, sano di mente, si attribuisse questo nome! E Gesù, per provare la sua identità profonda, chiede a chi lo ascolta di guardare le sue opere, di individuare nel suo comportamento l’opera di Dio. In questi giorni di deserto anche noi vogliamo individuare le opere del Padre nella nostra vita, vedere la sua presenza nascosta nelle pieghe della quotidianità. Se sapremo riconoscere in Gesù il vero rivelatore di Dio, con lui faremo esperienza della presenza del Padre. Il Signore Gesù è il Dio Crocifisso e Risorto che con il dono della Sua vita manifesta la volontà salvifica del Padre. Nella croce Egli si rivela Dio misericordioso che prende su di sé le conseguenze del peccato partecipandoci una vita di grazia che niente e nessuno potrà mai toglierci. Credere in Lui è la condizione necessaria per ottenere la comunione divina e la salvezza.
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Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Chi vede Lui vede il Padre. Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona rivela la misericordia di Dio.
Papa Francesco
…è pregata
Signore Gesù Cristo, Tu che sei di lassù, e che attraverso la Tua Croce e la Tua Resurrezione sei tornato al Padre, non dimenticare coloro che camminano su questa terra. Dona loro di non essere del mondo, pur vivendo totalmente il proprio impegno di uomini. E fa’ che al termine del loro cammino non muoiano nel loro peccato, ma vivano per sempre con Te nei secoli dei secoli.
…mi impegna
Gesù dice che il Padre è con lui perché egli compie sempre le cose che gli sono gradite. Ecco un’altra indicazione per il nostro cammino. Non bisogna andare a zig-zag, di continuo fuori carreggiata: nel disordine, nel caos esistenziale. Fare la volontà di Dio e farla con amore: è questo che concretamente ti tiene vicino a Dio, cioè permette che egli sia sempre con te. Oggi mi chiedo: sto vivendo dove e come Dio vuole? Le cose che faccio sono secondo il suo volere?
Mercoledì 16 Marzo 2016 > Mercoledì della Quinta Settimana di Quaresima
Liturgia della Parola > Dn 3,14-20.46-50.91-92.95; Cant. Dn 3; Gv 8,31-42
La Parola del Signore …è ascoltata
In quel tempo, Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: «Diventerete liberi»?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato.
…è meditata
Gesù invita i giudei diventati suoi discepoli a restare fedeli alle sue parole. Ascoltare le sue parole, farle proprie, interiorizzarle e viverle ci portano ad essere discepoli di Gesù, a conoscere la verità (su noi stessi, su Dio) e a diventare liberi. Liberi dal peccato, liberi per amare, liberi di scegliere di essere discepoli. Solo se l’ascolto perseverante della Parola fa sì che essa metta radice nel nostro modo di essere e plasmi il pensare e l’agire, la verità risplende in noi e ci rende liberi. La nostra società pensa che una persona sia libera quando non ha più condizionamenti da parte di nessuno, identificando la libertà con l’anarchia che mette il proprio ego al centro di ogni decisione. Il vangelo, invece, intende la libertà dai condizionamenti, anche dal nostro ego, per potersi donare agli altri. È un “liberi da…” per diventare un “liberi per…”, liberi dai condizionamenti, dalle false idee di Dio, dalla paura, dal peccato, per essere liberi di amare, finalmente. Solo la verità del vangelo ci aiuta ad essere veramente liberi, solo alla luce della Parola di Dio possiamo scoprire le nostre piccole e grandi schiavitù, per potercene liberare, infine.
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Gesù Cristo è la Parola di Dio, l’Assoluta Verità. Egli ci porta la buona notizia che siamo amati da Dio. Noi possiamo accogliere Dio come Padre e gli altri come fratelli; ci sentiamo liberi dalla solitudine e dall’ossessione del successo ad ogni costo. La vera libertà non è quella dell’affermazione egoistica di sé, ma quella di amare.
Dal “Catechismo degli adulti”
…è pregata
Signore, rendici liberi, oggi, leggeri nel cuore poiché da te amati, puri di cuore perché preziosi ai tuoi occhi. Liberaci da ogni laccio, da ogni tormento, da ogni giro di testa, per essere resi capaci di donare la nostra vita.
Tu liberaci, o liberatore, e saremo liberi di amare. Davvero. Liberi dalle passioni che ci impediscono di giudicare, liberi dai giudizi degli altri, dalle nostre paure, dal peccato. Liberi per amare, liberi per donare la nostra vita, non per giocarla in un istinto egoistico che ci distoglie dal vero senso della vita.
…mi impegna
Rimanere fedeli alla Parola del Signore per essere davvero discepoli. Questo invito di Gesù ci aiuta a prendere coscienza che non possiamo dirci Suoi discepoli e alla prima occasione dimenticarci della Sua Parola. Quante volte alle esigenze evangeliche abbiamo preferito quella comodità superficiale che ha spento ogni nostro desiderio e ogni nostra ansia di vivere insieme a Cristo? Quante volte alla Parola di verità abbiamo preferito le opinioni comuni, i pensieri allettanti di persone mediocri che ci chiudono facendoci vivere una vita a metà? Essere fedeli al Signore, alla sua Parola, per essere veramente liberi, dipendenti solo dalla verità e dall’amore.
Giovedì 17 Marzo 2016 > Giovedì della Quinta Settimana di Quaresima
Liturgia della Parola > Gen 17,3-9; Sal 104; Gv 8,51-59
La Parola del Signore …è ascoltata
In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: «Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno». Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: «È nostro Dio!», e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.
…è meditata
La tensione è crescente intorno a Gesù. Facciamo fatica anche solo ad immaginare quanta ostilità Gesù abbia dovuto affrontare, quanta tensione, quanta durezza. “Chi pretendi di essere?” Già: chi pretendi di essere Nazareno? Cosa vuoi da noi? Cosa c’entri? E la risposta di Gesù è una staffilata, una bestemmia: “Prima che Abramo fosse Io sono”. No non è una sgrammaticatura ma l’affermazione del mistero più inaudito: Gesù è “Io sono”, Yawhé, il nome stesso di Dio. Gesù si attribuisce il nome stesso di Dio, l’impronunciabile, il nome che, se scritto, non poteva essere cancellato, né distrutta la pergamena, il nome che, se letto in pubblico, era sostituito con la parola Adonai, Signore o il battagliero ‘eloim. Quel nome, che nessuno osava pronunciare, Gesù se lo attribuisce, egli pretende di essere il vero volto di Dio, l’infinito divenuto sorriso, il totalmente altro diventato accessibile. Questa è la ragione della condanna a morte di Gesù: la sua pretesa di essere la rivelazione di Dio, la sua supponenza, la sua sfrontatezza. Una verità di fede infinitamente grande, che c’interpella. Se crediamo infatti che Gesù è il Signore, non c’è capitolo della nostra storia che non possa essere salvato, recuperato alla vita e alla dignità, né cantuccio della nostra esistenza che non debba essere ‘pungolato’ dalla sua Parola esigente.
Eppure, non capita forse anche a noi di dire, come i Giudei: “Chi pretendi di essere?” a Colui che vuol proclamare, anche nella nostra vita, la sua Signoria. Non meravigliamoci! Sono tanti i modi in cui lo diciamo: vivacchiando, scrollando le spalle dinanzi alle nostre responsabilità, trastullandoci in atteggiamenti perennemente immaturi, e purtroppo anche a mani giunte, quando pregando “in noi stessi”, come il fariseo al tempio, non facciamo che cullarci compiaciuti nell’orgoglio.
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“Chi volge le spalle al sole non vede altro che la sua ombra”.
A.de Saint Exupery
…è pregata
O Cristo, nostro unico mediatore, Tu ci sei necessario: per vivere in Comunione con Dio Padre; per diventare con te, che sei Figlio unico e Signore nostro, suoi figli adottivi; per essere rigenerati nello Spirito Santo.
Tu ci sei necessario, o solo vero maestro delle verità recondite e indispensabili della vita, per conoscere il nostro essere e il nostro destino, la via per conseguirlo. Tu ci sei necessario, o Redentore nostro, per scoprire la nostra miseria e per guarirla; per avere il concetto del bene e del male e la speranza della santità; per deplorare i nostri peccati e per averne il perdono.
Tu ci sei necessario, o fratello primogenito del genere umano per ritrovare le ragioni vere della fraternità fra gli uomini, i fondamenti della giustizia, i tesori della carità, il bene sommo della pace. Tu ci sei necessario, o grande paziente dei nostri dolori, per conoscere il senso della sofferenza e per dare ad essa un valore di espiazione e di redenzione. Tu ci sei necessario, o vincitore della morte, per liberarci dalla disperazione e dalla negazione, e per avere certezze che non tradiscono in eterno. Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o Dio-con-noi, per imparare l’amore vero e camminare nella gioia e nella forza della tua carità, lungo il cammino della nostra vita faticosa, fino all’incontro finale con Te amato, con Te atteso, con Te benedetto nei secoli.
Paolo VI
…mi impegna
Finché resta il buon Gesù cui mandare i bacini della nonna si può fare… Finché lo mettiamo nel novero dei grandi uomini che hanno combattuto e sofferto per le proprie idee ancora possiamo sopportarlo. Ma quando i suoi discepoli affermano che egli è la presenza del Dio invisibile, che è il figlio stesso di Dio, allora tutti gridano allo scandalo e fuggono… Gesù è accusato di prendersi per Dio e quelle pietre raccolte per lapidarlo vogliono impedirgli di pronunciare l’impronunciabile nome di Dio, quel Io sono che Gesù attribuisce a sé. Ecco lo scandalo della pretesa messianica di Gesù: fra pochi giorni sarà ucciso per quell’affermazione. Lo prenderemo sul serio?
Venerdì 18 Marzo 2016 > Venerdì della Quinta Settimana di Quaresima
Liturgia della Parola > Ger 20,10-13; Sal 17; Gv 10,31-42
La Parola del Signore …è ascoltata
In quel tempo, i Giudei portarono di nuovo delle pietre per lapidare Gesù. Egli disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata -, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: «Tu bestemmi», perché ho detto: «Sono Figlio di Dio»? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani. Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.
…è meditata
l brano di ieri si chiudeva con il tentativo dei giudei di lapidare Gesù con l’accusa di essere un bestemmiatore; oggi la parola si apre nello stesso modo, segno che ormai Gesù è un “ricercato” in Giudea. Egli tenta nuovamente di dare prova della verità della sue parole rifacendosi alla testimonianza della Scrittura e delle sue opere: «Se non volete credere a me, credete almeno alle mie opere». I giudei però sono ormai fermi sulla loro posizione: Gesù è un bestemmiatore e va punito secondo quanto prescrive la Legge. Non c’è più spazio per comprendere, per accogliere. Ha asciugato tante lacrime e ha restituito la vista a chi era cieco.
La sua vita stessa è stata un segno di bontà infinita nel succedersi delle opere compiute in assoluta gratuità, solo per dar gloria al Padre e spremere vita autentica e gioia limpida dentro le vene dell’umanità.
Eppure, il cuore indurito degli avversari rimane ermeticamente chiuso. Alla loro protervia Gesù oppone l’argomento delle opere che viene compiendo: quelle opere sono talmente del Padre da fargli dire che il Padre è in Lui e Lui nel Padre. E che cosa sono le opere del Padre attraverso Gesù, se non verità, giustizia, misericordia, guarigione, ogni bontà e risurrezione? No, non credono neppure alle sue opere tutte di luce. Secondo loro quel Gesù che si dice Figlio di Dio bestemmia: “perché tu che sei uomo, ti fai Dio” – gli gridano in faccia. Invece il mistero è proprio l’opposto. Avrebbero dovuto cadere in ginocchio e, aprendo gli occhi accecati, proclamare: “Tu, che sei Dio, ti fai uomo per nostro amore”. Gesù sfugge nuovamente alla lapidazione e torna al di là del Giordano, dove, grazie al seme della testimonianza gettato da Giovanni Battista, molti credono in Cristo.
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La sua persona non è altro che amore, un amore che si dona gratuitamente. Le sue relazioni con le persone che lo accostano manifestano qualcosa di unico e di irripetibile. I segni che compie, soprattutto nei confronti dei peccatori, delle persone povere, escluse, malate e sofferenti, sono all’insegna della misericordia. Tutto in Lui parla di misericordia. Nulla in Lui è privo di compassione.
Papa Francesco
…è pregata
Signore Gesù, quando hai dichiarato di essere Figlio di Dio, i Tuoi avversari volevano scagliarti delle pietre: comprendevano, dunque, tutto il significato che Tu davi a questo titolo. Aiutaci ad affermare con coraggio che Tu sei Dio e donaci, soprattutto, di testimoniare concretamente la Tua Misericordia, che è il segno della Tua presenza, oggi e sempre, nei secoli dei secoli.
…mi impegna
La credibilità di Gesù non furono solo le sue parole ma più ancora le sue opere, il suo agire. E io sono credibile, cioè ispiro fiducia come uomo, come donna come cristiano/a? Oppure c’è qualche dissociazione tra quello che professo di essere e quello che di fatto sono e opero?
“Voglio quello che vuoi tu, senza chiedermi se posso, senza chiedermi se mi piace, senza chiedermi se lo voglio”.
Madaleine Delbrêl
Sabato 19 marzo 2016 > San Giuseppe, sposo della Beata Vergine Maria
Liturgia della Parola > 2Sam 7,4-5.12-14.16; Sal 88; Rm 4,13.16-18.22; Mt 1,16.18-21.24
La Parola del Signore …è ascoltata
Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.
…è meditata
La figura di questo grande Santo, pur rimanendo piuttosto nascosta, riveste nella storia della salvezza un’importanza fondamentale. Sposo di colei che sarebbe stata Madre del Verbo fatto carne, Giuseppe è stato prescelto come “guardiano della Parola”. Eppure non ci è giunta nessuna sua parola: ha servito in silenzio, obbedendo al Verbo, a lui rivelato dagli angeli in sogno, e, in seguito, nella realtà, dalle parole e dalla vita stessa di Gesù.
Anche il suo consenso, come quello di Maria, esigeva una totale sottomissione dello spirito e della volontà. Giuseppe ha creduto a quello che Dio ha detto; ha fatto quello che Dio ha detto. La sua vocazione è stata di dare a Gesù tutto ciò che può dare un padre umano: l’amore, la protezione, il nome, una casa. La sua obbedienza a Dio comprendeva l’obbedienza all’autorità legale. E fu proprio essa a far sì che andasse con la giovane sposa a Betlemme e a determinare, quindi, il luogo dell’Incarnazione. Dio fatto uomo fu iscritto sul registro del censimento, voluto da Cesare Augusto, come figlio di Giuseppe. Più tardi, la gioia di ritrovare Gesù nel Tempio in Giuseppe fu diminuita dal suo rendersi conto che il Bambino doveva compiere una missione per il suo vero Padre: egli era soltanto il padre adottivo. Ma, accettando la volontà del Padre, Giuseppe diventò più simile al Padre, e Dio, il Figlio, gli fu sottomesso. Il Verbo, con lui al momento della sua morte, donò la vita per Giuseppe e per tutta l’umanità. La vita di Giuseppe fu offerta al Verbo, mentre la sola parola che egli affida a noi è la sua vita.
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Giuseppe è nominato solo una volta dopo i Vangeli dell’infanzia, quando la gente parlò di Gesù come del figlio del falegname. Come a dire: suo padre è solo un falegname. Giuseppe non è un martire che ha versato il sangue a causa di Gesù, ma è il santo che ha attraversato la lotta della fede, dal momento dell’annuncio dell’angelo alla sua scomparsa dalla scena. La fede è, fiducia in Dio al di là di ogni evidenza dei sensi, quando le apparenze la contraddicono, o perfino si sforzano di distruggerla. Questo, credo costituisca la grandezza di Giuseppe.
…è pregata
O S. Giuseppe, custode di Gesù e sposo purissimo di Maria, tu hai trascorso la vita nell’adempimento perfetto del dovere, sostentando col lavoro delle tue mani la Santa Famiglia di Nazareth, proteggi propizio noi che, fiduciosi, ci rivolgiamo a te. Tu conosci le nostre aspirazioni, le nostre angustie le nostre speranze: a te ricorriamo, perché sappiamo di trovare in te chi ci protegge. Anche tu hai sperimentato la prova, la fatica, la stanchezza; ma il tuo animo, ricolmo della più profonda pace, esulto di gioia per l’intimità con il figlio di Dio a te affidato, e con Maria, sua dolcissima Madre. Aiutaci a comprendere che non siamo soli nel nostro lavoro, a saper scoprire Gesù accanto a noi, ad accoglierlo con la grazia e custodirlo con la fedeltà come tu hai fatto. Ottieni che nella nostra famiglia tutto sia santificato nella carità, nella pazienza, nella giustizia e nella ricerca del bene. Amen.
…mi impegna
Dall’esempio di San Giuseppe viene a tutti noi un forte invito a svolgere con fedeltà, semplicità e modestia il compito che la Provvidenza ci ha assegnato. Penso anzitutto ai padri e alle madri di famiglia, e prego perché sappiano sempre apprezzare la bellezza di una vita semplice e laboriosa, coltivando con premura la relazione coniugale e compiendo con entusiasmo la grande e non facile missione educativa. Ai Sacerdoti, che esercitano la paternità nei confronti delle comunità ecclesiali San Giuseppe ottenga di amare la Chiesa con affetto e piena dedizione, e sostenga le persone consacrate nella loro gioiosa e fedele osservanza dei consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza. Protegga i lavoratori di tutto il mondo, perché contribuiscano con le loro varie professioni al progresso dell’intera umanità, e aiuti ogni cristiano a realizzare con fiducia e con amore la volontà di Dio, cooperando così al compimento dell’opera della salvezza.
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