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Sete di Parola dal 17 al 23 Gennaio 2016
Seconda Settimana del Tempo Ordinario dell’Anno C
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Domenica 17 Gennaio 2016 > Sant’Antonio, abate – Giornata del migrante e del rifugiato
Liturgia della Parola > Am 6,1a.4-7; Sal 145; 1Tm 6,11-16; Lc 16,19-31
LA PAROLA DEL SIGNORE …È ASCOLTATA
Nella nostra epoca, i flussi migratori sono in continuo aumento in ogni area del pianeta: profughi e persone in fuga dalle loro patrie interpellano i singoli e le collettività, sfidando il tradizionale modo di vivere e, talvolta, sconvolgendo l’orizzonte culturale e sociale con cui vengono a confronto. Sempre più spesso le vittime della violenza e della povertà, abbandonando le loro terre d’origine, subiscono l’oltraggio dei trafficanti di persone umane nel viaggio verso il sogno di un futuro migliore. Se, poi, sopravvivono agli abusi e alle avversità, devono fare i conti con realtà dove si annidano sospetti e paure. Non di rado, infine, incontrano la carenza di normative chiare e praticabili, che regolino l’accoglienza e prevedano itinerari di integrazione a breve e a lungo termine, con attenzione ai diritti e ai doveri di tutti. Più che in tempi passati, oggi il Vangelo della misericordia scuote le coscienze, impedisce che ci si abitui alla sofferenza dell’altro e indica vie di risposta che si radicano nelle virtù teologali della fede, della speranza e della carità, declinandosi nelle opere di misericordia spirituale e corporale.
Sulla base di questa constatazione ho voluto che la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del 2016 fosse dedicata al tema: “Migranti e rifugiati ci interpellano. La risposta del Vangelo della misericordia”. I flussi migratori sono ormai una realtà strutturale e la prima questione che si impone riguarda il superamento della fase di emergenza per dare spazio a programmi che tengano conto delle cause delle migrazioni, dei cambiamenti che si producono e delle conseguenze che imprimono volti nuovi alle società e ai popoli. Ogni giorno, però, le storie drammatiche di milioni di uomini e donne interpellano la Comunità internazionale, di fronte all’insorgere di inaccettabili crisi umanitarie in molte zone del mondo. L’indifferenza e il silenzio aprono la strada alla complicità quando assistiamo come spettatori alle morti per soffocamento, stenti, violenze e naufragi. Di grandi o piccole dimensioni, sono sempre tragedie quando si perde anche una sola vita umana.
I migranti sono nostri fratelli e sorelle che cercano una vita migliore lontano dalla povertà, dalla fame, dallo sfruttamento e dall’ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta, che equamente dovrebbero essere divise tra tutti. Non è forse desiderio di ciascuno quello di migliorare le proprie condizioni di vita e ottenere un onesto e legittimo benessere da condividere con i propri cari?
Papa Francesco
Liturgia della Parola > Is 62,1-5; Sal 95; 1Cor 12,4-11; Gv 2,1-12
La Parola del Signore …è ascoltata
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. Dopo questo fatto scese a Cafàrnao, insieme a sua madre, ai suoi fratelli e ai suoi discepoli. Là rimasero pochi giorni.
…è meditata
In questo brano tratto dal Vangelo di Giovanni viene presentato il primo miracolo di Gesù, a tutti noto come il “miracolo delle nozze di Cana”. Ci viene subito da pensare ad una festa nuziale, alla gioia degli sposi che dicono sì all’Amore, degli amici e dei parenti che vi partecipano. Un clima, dunque, di perfetta armonia, un grande sogno che per gli sposi si realizza. Questo sposalizio allude anche all’unione tra Cristo e la Chiesa, tra Cristo e l’umanità. Vorremmo soffermarci, però, oggi sulla figura di Maria. L’appellativo con cui Giovanni ce la presenta è Madre. Maria, infatti, come tutte le mamme è attenta alle nostre necessità, è premurosa, osserva con discrezione senza pretendere nulla, intercede per noi presso il Padre e affidarsi a Lei è garanzia di serenità e di coraggio. Maria è attenta anche a Cana di Galilea durante lo sposalizio e prega Gesù di fare qualcosa quando si accorge che il vino viene a mancare. Lui risponde con una frase molto severa, ma la Madonna non si scoraggia e dice ai servi “Fate quello che egli vi dirà”. Maria ci insegna a pregare, a esporre tutte le nostre necessità al Padre e ci insegna a servire, ad aiutare il prossimo, ad aprirci all’altro; è vero “chi serve”, dice Papa Francesco, “sembra un perdente agli occhi del mondo, però chi serve e ama, salva”. Parole forti, ma quanto mai vicine alla realtà! Alla fine del brano si parla del vino buono; quelle giare che servivano per la purificazione dei Giudei e che contenevano macchie di peccato, adesso contengono il vino nuovo. Il matrimonio fra Israele e il suo Dio langue, è come le giare del racconto di oggi: impietrito e imperfetto (sono sei le giare: sette – numero della perfezione – meno una): la religiosità di Israele è stanca e annacquata, non dona più gioia, non è più festa. Il popolo vive una fede molto simile alla nostra religiosità contemporanea, stanca e distratta, travolta dalle contraddizioni e dalla quotidianità. Maria, la prima tra i discepoli, se ne accorge, e invita Gesù a intervenire. I servi fedeli, figura centrale del racconto, sono coloro che tengono in piedi il matrimonio fra Israele e Dio, coloro che – con fatica e senza capire – obbediscono, che perseverano, che non mollano. Ancora non lo sanno, ma il loro gesto fedele porterà frutto e rianimerà la festa. Animo amici la vostra fedeltà è necessaria al miracolo del vino nuovo! È Gesù, lo sposo dell’umanità, che trasforma l’acqua dell’abitudine nel vino della passione.
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Questo intervento di Maria presso il suo Figlio mostra la cura della Madre verso gli uomini. È una cura attenta ai nostri bisogni più veri: Maria sa di che cosa abbiamo bisogno! Lei si prende cura di noi, intercedendo presso Gesù e chiedendo per ciascuno il dono del “vino nuovo”, cioè l’amore, la grazia che ci salva. Lei intercede sempre e prega per noi, specialmente nell’ora della difficoltà e della debolezza, nell’ora dello sconforto e dello smarrimento, soprattutto nell’ora del peccato. Per questo, nella preghiera dell’Ave Maria, le chiediamo: «Prega per noi, peccatori». Cari fratelli e sorelle, affidiamoci sempre alla protezione della nostra Madre celeste, che ci consola e intercede per noi presso il suo Figlio. Ci aiuti lei ad essere per quanti incontriamo sul nostro cammino un riflesso di Colui che è «Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione».
Papa Francesco
…è pregata
Maria, donna dell’ascolto, rendi aperti i nostri orecchi; fa’ che sappiamo ascoltare la Parola del tuo Figlio Gesù tra le mille parole di questo mondo; fa’ che sappiamo ascoltare la realtà in cui viviamo, ogni persona che incontriamo, specialmente quella che è povera, bisognosa, in difficoltà.
Maria, donna della decisione, illumina la nostra mente e il nostro cuore, perché sappiamo obbedire alla Parola del tuo Figlio Gesù, senza tentennamenti; donaci il coraggio della decisione, di non lasciarci trascinare perché altri orientino la nostra vita.
Maria, donna dell’azione, fa’ che le nostre mani e i nostri piedi si muovano “in fretta” verso gli altri, per portare la carità e l’amore del tuo Figlio Gesù, per portare, come te, nel mondo la luce del Vangelo. Amen.
Papa Francesco
…mi impegna
- Recito almeno una decina di Rosario per affidare a Maria le mie suppliche e le mie speranze.
- Cerco anch’io come Maria di accorgermi di quelle persone cui manca il vino della gioia
Lunedì 18 gennaio 2016 > Lunedì della Seconda Settimana del Tempo Ordinario
Liturgia della Parola > 1Sam 15,16-23; Sal 49; Mc 2,18-22
La Parola del Signore …è ascoltata
In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da lui e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno. Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».
…è meditata
Lo sposo è con noi, amici, inizia questa settimana con noi, ci aiuta a ricominciare l’attività lavorativa, l’anno nuovo uguale uguale a quello appena passato. Lo sposo è con noi, amici, possiamo dimenticare le abitudini di prima, la religiosità fatta di riti stanchi e ripetitivi, lo sposo è con noi. Agli inizi della Chiesa la meditazione su Cristo sposo era abituale, e il titolo”sposo” era tra i più usati nella preghiera; poi, col passare dei secoli, un po’ ci siamo dimenticati di questa splendida realtà; certo: Gesù è Maestro di vita, lo acclamiamo Signore, cioè presenza di Dio, Dio stesso, ma è anzitutto sposo dell’umanità. La parola “sposo” è poco usata, oggi, si preferisce “marito”, “compagno”… segno di una fragilità nel linguaggio dell’amore in questi nostri tempi. No, amici, Gesù “sposo” significa passione, amore, seduzione; Gesù “sposo” ci richiama alla fedeltà, al coinvolgimento, alla quotidianità. Il rapporto nuovo che abbiamo con Dio non è più un rapporto rispettoso, sì, ma freddo. La fede è festa, l’incontro con Dio stupore stordente e inebriante, passione travolgente, come quando ci si innamora. La passione amorosa di Dio non nega la sua perfezione, la sua immutabilità e tutti gli attributi divini! La Bibbia ci parla della passione bruciante di Dio, della sua gelosia, del suo amore: balbettiamo quando parliamo di Dio, ma il sentimento e l’amore sono le caratteristiche principali del Dio della Bibbia. Gesù mi ama, ci ama, come uno sposo fedele; un bel modo per iniziare la giornata, no? Ciò che conta è incontrare il Signore Gesù, lasciarsi abbagliare dalla sua bellezza, ricevere continuamente il tocco della sua NOVITA’ di Amore.
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Noi pratichiamo un digiuno che è assai gradito a Dio, ogni volta che ci priviamo di qualche cosa che ci piacerebbe fare, perché il digiuno non consiste tutto nella privazione del bere e del mangiare, ma nella privazione di ciò che riesce gradito al nostro gusto; gli uni possono mortificarsi nel modo di aggiustarsi, gli altri nelle visite che vogliono fare agli amici che hanno piacere di vedere, gli altri, nelle parole e nei discorsi che amano tenere; questi fa un grande digiuno ed è molto gradito a Dio allorché combatte il suo amor proprio, il suo orgoglio, la sua ripugnanza a fare ciò che non ama fare, o stando con persone che contrariano il suo carattere, i suoi modi di agire.
Santo Curato d’Ars
…è pregata
Fa’ digiunare il nostro cuore: che sappia rinunciare a tutto quello che l’allontana dal tuo amore, Signore, e che si unisca a te più esclusivamente e più sinceramente. Fa’ digiunare il nostro orgoglio,tutte le nostre pretese, le nostre rivendicazioni,rendendoci più umili e infondendo in noi come unica ambizione, quella di servirti. Fa’ digiunare le nostre passioni,la nostra fame di piacere, la nostra sete di ricchezza, il possesso avido e l’azione violenta; che nostro solo desiderio sia di piacerti in tutto. Fa’ digiunare il nostro io, troppo centrato su se stesso, egoista indurito, che vuol trarre solo il suo vantaggio: che sappia dimenticarsi, nascondersi, donarsi. Fa’ digiunare la nostra lingua, spesso troppo agitata, troppo rapida nelle sue repliche, severa nei giudizi, offensiva o sprezzante: fa’ che esprima solo stima e bontà. Che il digiuno dell’anima, con tutti i nostri sforzi per migliorarci,
possa salire verso di te come offerta gradita, meritarci una gioia più pura, più profonda.
…mi impegna
- Il nostro vero digiuno non sta nella sola astensione dal cibo; non vi è merito a sottrarre alimento al corpo se il cuore non rinuncia all’ingiustizia e se la lingua non si astiene dalla calunnia. Leone Magno
- Un’ora di pazienza vale più di molti giorni di digiuno. San G. M. Vianney
- Niente può renderti imitatore di Cristo, come il prenderti cura del prossimo. Anche se tu digiunassi e dormissi per terra, ma poi non ti prendi cura del prossimo, tu non hai fatto niente di grande e resti lontano dal Modello. San Giovanni Crisostomo
Martedì 19 gennaio 2016 > Martedì della Seconda Settimana del Tempo Ordinario
Liturgia della Parola > 1Sam 16,1-13; Sal 88; Mc 2,23-28
La Parola del Signore …è ascoltata
Avvenne che di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!». E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato».
…è meditata
Dopo la disputa sul digiuno, che abbiamo ascoltato ieri, l’evangelista ci narra quella a proposito del sabato. I farisei, vedendo che i discepoli di Gesù raccolgono delle spighe nel giorno di sabato, accusano il maestro che permette di trasgredire il riposo del sabato. Gesù interviene immediatamente e difende i discepoli portando anche un esempio analogo accaduto a Davide. L’affermazione finale chiarifica il senso dell’osservanza del sabato. Dice Gesù: “Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!”. Con questa affermazione il Signore vuole mostrare la vera priorità della legge, ossia la salvezza dell’uomo. Il cristiano non è chiamato ad osservare delle regole, ma a vivere l’amore. In questa pagina evangelica Gesù manifesta quanto gli stia a cuore la salvezza dell’uomo. È la ragione stessa della sua venuta sulla terra. Il Padre o ha inviato sulla terra perché, come scrive l’evangelista Giovanni, “Dio ha tanto amato gli uomini da mandare il suo lo stesso Figlio”. Ecco perché il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato. Egli è venuto per salvare non per condannare. E a ciascuno di noi chiede di seguirlo su questa strada, la strada dell’amore.
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Se non c’è Gesù al centro ci sono altre cose. E al giorno d’oggi incontriamo tanti cristiani senza Cristo, senza Gesù. Per esempio quelli che hanno la malattia dei farisei e sono cristiani che mettono la loro fede e la loro religiosità, la loro cristianità, in tanti comandamenti: Ah, devo fare questo, devo fare quest’altro. Cristiani di atteggiamenti: che fanno cioè delle cose perché si devono fare, ma in realtà non sanno perché lo fanno. Ma Gesù dov’è? Un comandamento è valido se viene da Gesù. Di cristiani senza Cristo ce ne sono tanti, come quelli che cercano soltanto devozioni, tante devozioni, ma Gesù non c’è. E allora ti manca qualcosa, fratello! Ti manca Gesù. Se le tue devozioni ti portano a Gesù, allora va bene. Ma se rimani lì, allora qualcosa non va.
Papa Francesco
…è pregata
Il Padre del Signore nostro Gesù Cristo illumini gli occhi del nostro cuore
per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati.
…mi impegna
Cercherò di essere attento alle persone, perché in ogni mia parola e azione ricerchi il bene e l’amore, non il mio interesse o una formalistica osservanza della legge.
Mercoledì 20 gennaio 2016 > San Sebastiano, martire
Liturgia della Parola > 1Sam 17,32-33.37.40-51; Sal 143; Mc 3,1-6
La Parola del Signore …è ascoltata
In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo. Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita. E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.
…è meditata
È sabato e Gesù, come è suo solito, si reca nella sinagoga per la preghiera. Qui incontra un uomo con un grave handicap al braccio. Egli era solito frequentare la sinagoga, ma faceva di tutto per non farsi notare per l’imbarazzo, per la vergogna, per la paura del giudizio degli altri. Avere la mano paralizzata significava poi non poter fare nulla da solo e dover sempre dipendere dagli altri. Un uomo, dunque, paralizzato sia interiormente che spiritualmente e ancora di più non faceva nulla per essere guarito, ma stava appartato, nascosto. Gesù, appena lo vede, si commuove, come gli accade ogni volta che incontra i malati e i deboli, lo chiama e gli ordina di alzarsi e mettersi in mezzo. Mettersi al centro per farsi vedere da tutti e alzarsi, risuscitare, passare cioè dalla morte alla vita, dal buio alla luce, dalla tristezza alla gioia. I farisei, invece, per nulla interessati a quell’uomo malato, cercano di trovare motivi di accusa contro Gesù. Il giovane profeta di Nazareth, pur conoscendo l’animo cattivo dei farisei, guarisce quel malato. “Stendi la mano!” gli ordina. Quell’uomo ascolta la parola di Gesù, e stende la sua mano. Obbedisce ed è guarito. Gesù non viola il sabato, come lo accusano i farisei. In verità, con tale guarigione il vero “sabato” (il giorno di Dio) irrompe nella vita degli uomini: la creazione raggiunge in quell’uomo il suo compimento. Ogni volta che la misericordia e la salvezza di Dio toccano la vita degli uomini si compie il “sabato” di Dio: la festa dell’amore e della pienezza della vita.
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L’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia. La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole. Quante situazioni di precarietà e sofferenza sono presenti nel mondo di oggi! Quante ferite sono impresse nella carne di tanti che non hanno più voce perché il loro grido si è affievolito e spento a causa dell’indifferenza dei popoli ricchi. Non cadiamo nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge. Apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto. Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza, dell’amicizia e della fraternità. Che il loro grido diventi il nostro e insieme possiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso regna sovrana per nascondere l’ipocrisia e l’egoismo.
Papa Francesco
…è pregata
Signore rendimi generoso, accogliente e solidale verso tutti; guarisci le mie mani tante volte inaridite a causa del mio egoismo e donami un cuore capace di donare senza pretendere nulla in cambio. Amen.
…mi impegna
Mi fermo a scambiare qualche parola con le persone che il Signore oggi mi mette accanto e lo faccio con sincerità e con amabilità.
Giovedì 21 gennaio 2016 > Sant’Agnese, vergine e martire
Agnese nacque a Roma da genitori cristiani, di una illustre famiglia patrizia, nel III secolo. Quando era ancora dodicenne, scoppiò una persecuzione e molti furono i fedeli che s’abbandonavano alla defezione. Agnese, che aveva deciso di offrire al Signore la sua verginità, fu denunciata come cristiana dal figlio del prefetto di Roma, invaghitosi di lei ma respinto. Fu esposta nuda al Circo Agonale, nei pressi dell’attuale piazza Navona. Un uomo che cercò di avvicinarla cadde morto prima di poterla sfiorare e altrettanto miracolosamente risorse per intercessione della santa. Gettata nel fuoco, questo si estinse per le sue orazioni, fu allora trafitta con colpo di spada alla gola, nel modo con cui si uccidevano gli agnelli. Per questo nell’iconografia è raffigurata spesso con una pecorella o un agnello, simboli del candore e del sacrificio. La data della morte non è certa, qualcuno la colloca tra il 249 e il 251 durante la persecuzione voluta dall’imperatore Decio, altri nel 304 durante la persecuzione di Diocleziano.
Liturgia della Parola > 1Sam 18,6-9;19,1-7; Sal 55; Mc 3,7-12
La Parola del Signore …è ascoltata
In quel tempo, Gesù, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidone, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui. Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo. Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse.
…è meditata
Gesù è diventato il centro di attenzione della folla. Gente che viene da ogni parte, stranieri, originari, oltre che della Giudea e della Galilea, della Transgiordania, dell’Idumea e fin delle parti di Tiro e Sidone. La fama del rabbi che guarisce è giunta lontano e ha prodotto schiere di poveri, di malati, di sofferenti che vanno da Lui per essere salvati.
E’ come un torrente in piena che travolge il Maestro. Tutti vogliono un contatto fisico con lui, rischiano di travolgerlo, lo schiacciano pur di avvicinarlo, perché conoscono la forza della sua parola e dei suoi gesti, che producono miracoli di guarigione fisica e spirituale. Ma, soprattutto, la folla infinita si è mossa da luoghi diversi in cerca di speranza.
Noi guardiamo con supponenza a questa folla che si stringe attorno a Gesù, perché crediamo di essere autosufficienti, di non aver bisogno di un salvatore, perché crediamo che ci salvi la scienza, o il progresso, l’avere denaro e amici. Per le malattie abbiamo gli ospedali, per le depressioni le medicine, per la solitudine le città e le piazze, per i problemi tecnici il progresso, per i contenziosi i tribunali, per gli imprevisti le assicurazioni. Eppure ci riduciamo ancora miseramente a fare la fila dai maghi o dagli spacciatori, ci facciamo incantare dagli imbonitori, abbocchiamo all’ultima moda che ci promette la felicità e l’eternità.
Ma alla fine sentiamo che tutto quanto è in nostro potere non basta. Abbiamo bisogno di un salvatore, anche noi uomini e donne del terzo millennio abbiamo bisogno di Dio, cerchiamo anche inconsciamente, un contatto con Lui.
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Dio non è mai troppo impegnato o distratto: egli ama ciascuno di noi come se in quel momento fossimo l’unico oggetto del suo amore.
…è pregata
Vorrei toccare almeno il lembo del tuo mantello, Signore. So che da te emana una potenza sanatrice che può riscattarmi dalle mie colpe, dalla pigrizia nel seguirti, dalla poca fiducia che tu mi possa guarire.
…mi impegna
Anche noi, imprestiamo la barca della nostra vita al Signore, facciamolo salire, lasciamo che usi il nostro tempo, le nostre qualità per annunciare il Regno. Non siamo noi ad evangelizzare ma lui attraverso noi e le nostre piccole vite. Qualunque sia la nostra condizione sociale, la nostra cultura, la nostra storia, il Signore ci propone di essere suoi discepoli per aiutarlo a portare l’annuncio ovunque.
Venerdì 22 gennaio 2016 > Venerdì della Seconda Settimana del Tempo Ordinario
Liturgia della Parola > 1Sam 24,3-21; Sal 56; Mc 3,13-19
La Parola del Signore …è ascoltata
In quel tempo, Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli -, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni. Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè «figli del tuono»; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.
…è meditata
Gesù si è appena liberato dalla folla che quasi lo schiacciava per poterlo toccare e guarire. Sale sul monte, come già avevano fatto Mosè ed Elia quando volevano incontrare Dio. Anch’egli vuole trovarsi di fronte al Padre perché desidera comprendere fino in fondo la sua volontà.
Ed è proprio sul monte, luogo della manifestazione divina per tutta la tradizione del popolo di Israele, che il Maestro chiama a sé “quelli che egli volle” e costituisce così la prima Chiesa.
Si tratta di gente comune. Uomini rotti alla fatica, senza diplomi, con pregi e difetti come tutti, ma disposti a seguire Gesù e a faticare per lui. Si sentono chiamare per nome, si sottraggono alla folla e gli si pongono accanto. Ora attendono la sua parola, che definisce la loro missione. I Dodici dovranno stare con Gesù, vivere con lui, mangiare con lui, pregare con lui, camminare con lui, assimilare da lui pensieri e desideri, cosicché lui possa mandarli a compiere le sue opere, a continuare ciò che lui ha iniziato, il Regno di Dio!
E questo non vale solo per gli apostoli, i sacerdoti, i religiosi. E’ lo stile di vita di chi vuole essere fedele al Cristo.
Il cristianesimo, infatti, è una compagnia reale con Gesù, in un rapporto da persona a persona, che ci coinvolge totalmente. E da questo coinvolgimento con Gesù, veniamo spinti verso tutti gli uomini. Andare e stare con lui sembrano due cose contraddittorie. Ma, in realtà, non c’è alternativa tra contemplazione e azione. La nostra missione nasce dall’essere in Cristo, e la nostra prima occupazione è di restare uniti con lui come il tralcio alla vite, fino ad essere contemplativi nell’azione.
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Non ha importanza la forma della chiamata. È una cosa tra Dio e me. Ciò che è importante è che Dio chiama ciascuno in modo differente. Noi non abbiamo alcun merito. L’importante è rispondere con gioia alla chiamata.
Madre Teresa di Calcutta
…è pregata
Signore Gesù, che hai chiamato chi hai voluto, chiama molti giovani a lavorare con te. Aiutali a vincere le difficoltà di giovani d’oggi. E se chiami qualcuno per consacrarlo tutto a Te, il Tuo Amore riscaldi questa vocazione fin dal suo nascere e la faccia crescere e perseverare sino alla fine.
San Giovanni Paolo II
…mi impegna
…alcune cose devono fare i discepoli: stare col Maestro, frequentarlo, pregarlo, ascoltarlo e meditare le sue parole per essere in grado di annunciare la sua Parola e cacciare la parte oscura che contagia il mondo e la vita.
Sabato 23 gennaio 2016 > Sabato della Seconda Settimana del Tempo Ordinario
Liturgia della Parola > 1Sam 1,1-4.11-12.17.19.23-27; Sal 79; Mc 3,20-21
La Parola del Signore …è ascoltata
In quel tempo, Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: «È fuori di sé».
…è meditata
È matto Gesù, siamo sinceri. Fuori come un balcone, pazzo da legare. Non si risparmia, dedica tutto il suo tempo all’annuncio del Regno. Si dimentica di mangiare in un tempo in cui mangiare era privilegio di pochi. È matto, fuori di testa perché contraddice il nostro modo di vivere, di intendere la religione, di vedere noi stessi. Tutti pensano, in fondo, che la vita sia una battaglia giocata all’ultimo sangue per emergere, per affermarsi, per essere qualcuno, costi quel che costi. Gli altri, al massimo, possono essere utilizzati, servire, aiutarci a raggiungere i nostri obiettivi. Gesù, invece, mette gli altri nel mezzo, le loro priorità al centro delle proprie scelte. Proclama “beati” coloro che donano la loro vita per gli altri. Tutti pensano che le persone religiose influenti e capaci, come Gesù, dovrebbero fare del loro carisma l’occasione per farsi servire, per manipolare le persone, per nascondersi dietro una patina di santità. Gesù, invece, fa diventare servo il Maestro, proponendo se stesso come modello di mitezza e di umiltà. Se decidete di seguire questo folle, amici lettori, non spaventatevi se qualcuno, prima o poi, avrà da ridire sulle vostre scelte poco condivise…
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Quando pensi di aver fatto abbastanza nell’esercizio della carità, spingiti ancora più avanti: ama di più. Quando sei tentato di arrestarti di fronte alle difficoltà nell’esercizio della carità, sforzati di superare gli ostacoli: ama di più.
Quando il tuo egoismo vuol farti rinchiudere in te stesso, esci dal tuo ripiegamento: ama di più.
Quando per riconciliarti aspetti che l’altro faccia il primo passo, prendi tu l’iniziativa, ama di più.
Quando ti senti spinto a protestare contro ogni ingiustizia di cui sei stato vittima, sforzati di mantenere il silenzio: ama di più.
…è pregata
Aiutami a riconoscerti in ogni avvenimento della vita e donami un cuore sensibile alle necessità del mondo. O Signore risorto, riempi il mio cuore di piccole opere di carità, quelle che si concretizzano in un sorriso, in un atto di pazienza e di accettazione, in un dono di benevolenza e di compassione, in un atteggiamento di perdono cordiale, in un aiuto materiale secondo le mie possibilità.
…mi impegna
Ci sono quelli che danno poco del molto che hanno e lo danno per ottenerne riconoscenza; e il loro segreto desiderio guasta i loro doni. E ci sono quelli che hanno poco e danno tutto: sono proprio loro quelli che credono nella vita, e nella generosità della vita, e il loro scrigno non è mai vuoto. Ci sono quelli che danno con gioia, e quella gioia è la loro ricompensa. E ci sono quelli che danno con dolore e questo dolore è il loro battesimo. E ci sono quelli che danno e nel dare non provano dolore né cercano gioia né danno pensando alla virtù. Essi danno come in quella valle laggiù Per mezzo delle mani di gente come loro Dio parla e dietro ai loro occhi egli sorride alla terra. E’ bene dare quanto si è richiesti, ma è meglio dare quando, pur non essendo richiesti, si comprendono i bisogni degli altri.
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