Sete di Parola > Settimana dal 6 al 12 Settembre 2015

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Sete di Parola dal 6 al 12 Settembre 2015

Ventitreesima Settimana del Tempo Ordinario dell’Anno B

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Domenica 6 Settembre 2015 > Domenica della Ventitreesima Settimana del Tempo Ordinario

Liturgia della Parola > Mc 7,31-37

La Parola del Signore …è ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

…è meditata

Un sordomuto. Assomiglia molto a noi, quando siamo nel peccato.  Possiamo avere accanto Dio, che ci sussurra le parole più dolci e imperiose. Non lo sentiamo. Possiamo aver vicino le persone più acute e più buone, che desiderano aiutarci. Non prestiamo attenzione. O passiamo davanti a chi ha bisogno di un conforto, di una speranza. È come se fossimo soli al mondo, chiusi nel nostro egoismo.  Ma se il sacramento di Cristo ci raggiunge… Può essere la Chiesa che battezza o ci offre il perdono a nome del Signore Gesù. Le dita, la saliva, l’“apriti” possono essere l’acqua o la mano benedicente che si leva su di noi: “Io ti battezzo”; “Io ti assolvo”. Allora avviene nuovamente il miracolo.

Diventiamo capaci, per grazia, di udire le consolazioni e i suggerimenti e gli imperativi di Dio. Diventiamo capaci di rispondergli con la preghiera e con la vita. E il prossimo è colui che dev’essere ascoltato e confortato. Nasce la fraternità. Se ci lasciamo salvare dal Signore. Se aderiamo a lui con tutte le forze.

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Dio non smette di parlare; ma fuori il rumore delle creature e dentro di noi quello delle passioni ci stordiscono e ci impediscono di sentirlo

…è pregata

O Padre, che scegli i piccoli e i poveri per farli ricchi nella fede ed eredi del tuo regno, aiutaci a dire la tua parola di coraggio a tutti gli smarriti di cuore,  perché si sciolgano le loro lingue e tanta umanità malata, incapace perfino di pregarti, canti con noi le tue meraviglie.

…mi impegna

Dal Rito del Battesimo: Signore Gesù che hai fatto udire i sordi e parlare  i muti fa’ che ascoltiamo la tua parola e professiamo la nostra fede…

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Per incontrare il Signore Gesù bisogna avere il coraggio di sottrarsi alla folla, di ritagliare uno spazio per lasciarsi incontrare e farsi raggiungere. Non parlo di fughe in monastero o finti misticismi! Basta un angolo della casa con un icona o un Vangelo, una candela, il cellulare spento e un po’ di tempo (ogni giorno!) per lasciarsi nutrire dalla Parola e rinnovare il desiderio d’essere guarito.

 

Lunedì 7 settembre 2015 > Lunedì della Ventitreesima Settimana del Tempo Ordinario

Liturgia della Parola  > Lc 6,6-11

La Parola del Signore …è ascoltata

Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo.  Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati e mettiti qui in mezzo!». Si alzò e si mise in mezzo.  Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?». E guardandoli tutti intorno, disse all’uomo: «Tendi la tua mano!». Egli lo fece e la sua mano fu guarita. Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.

…è meditata

Il Vangelo ci presenta un uomo che non può più lavorare perché la sua mano destra è paralizzata. In lui vediamo tutti coloro che sono oggi esclusi dal lavoro, non perché malati, ma per l’assenza di lavoro. Gesù lo incontra di sabato, in sinagoga. I farisei aspettano il miracolo, non per gioire della guarigione, ma per accusare Gesù. Essi sono simili a coloro che non pongono al centro del lavoro l’uomo, bensì il solo guadagno senza alcun’altra considerazione. Gesù, con un ordine secco, come ad indicare la decisione che si deve avere in questi casi, dice a quell’uomo: “stendi la mano!” E quell’uomo si trova guarito. Sembra sentire l’eco delle parole di Dio nei giorni della creazione, quando il mondo man mano prendeva forma. In quel sabato Gesù continuava l’opera della creazione dando a quell’uomo la forza di lavorare. Dare oggi il lavoro ai disoccupati vuol dire guarire molti dalla tristezza e dalla disperazione. Non solo. Ogni volta che l’uomo può lavorare con dignità si possono ripetere le parole stesse che leggiamo nella Genesi: “e Dio vide che era cosa buona”. Solo chi è cieco nel cuore può rattristarsi.

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Dio entra più facilmente in un cuore devastato dai sensi che in un’anima barricata dietro le proprie virtù.

J. Green

…è pregata

Signore Gesù, purifica il mio sguardo, perché ritrovi la luminosità del tuo che ovunque e sempre sa vedere l’uomo la sua inalienabile dignità.

…mi impegna

Gesù mette l’uomo ammalato nel mezzo, al centro della sua attenzione.

Per me CHI e COSA è “al centro”?

Gesù dice “Stendi la tua mano”. Come sono le mie mani: inaridite nell’egoismo o pronte e aperte al dono?

 

Martedì 8 Settembre 2015 > NATIVITA’ DELLA BEATA VERGINE MARIA

Questa celebrazione, che ricalca sul Cristo le prerogative della Madre, è stata introdotta dal papa Sergio I (sec VII) nel solco della tradizione orientale. La natività della Vergine è strettamente legata alla venuta del Messia, come promessa, preparazione e frutto della salvezza. Aurora che precede il sole di giustizia, Maria preannunzia a tutto il mondo la gioia del Salvatore.

Liturgia della Parola > Mt 1,1-16.18-23

La Parola del Signore …è ascoltata

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.  Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giosafat, Giosafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Acaz, Acaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.  Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa Dio con noi.

…è meditata

La Chiesa intera, oggi, esulta per la festa della nascita di Maria: un compleanno particolare che sta molto a cuore ai discepoli del Signore che si sono visti affidare la madre dal Maestro Gesù! Tanti auguri, Maria di Nazareth! La devozione popolare ha voluto aggiungere alle feste liturgiche anche il “compleanno” di Maria, un modo per esprimere il profondo e inalterato affetto verso colei che è la prima tra i discepoli.

La festa che oggi celebriamo è di origine devozionale e giunge a noi attraverso i secoli con tutta la sua struggente e incantevole ingenuità, perché di una persona grande bisogna celebrare la nascita, benedire la sua venuta come un dono. Oggi siamo invitati ad alzare lo sguardo dalle nostre caotiche e assonnate attività, verso la piccola adolescente di Nazareth che ha polverizzato le grandezze e le supponenze dei vari Napoleoni che la storia partorisce a scadenza fissa. La piccola Maria di Nazareth, con la sua struggente fede, la sua trasparente attesa nella venuta del Messia promesso dal Dio dei padri, ancora oggi ci lascia sorridenti e (cristianamente) pieni d’invidia. Maria: noi ti ammiriamo per la tua giovane incoscienza, perché hai creduto e sei beata. Noi – solcati dalle rughe – noi che abbiamo visto gli abissi del cuore dell’uomo, noi che ci complichiamo la vita con vuoti ragionamenti, restiamo ammutoliti davanti a ciò che hai avuto il coraggio di dire e di fare, tu che hai creduto di diventare la Porta del cielo, di stringere l’immenso infinito nell’angusto spazio del tuo ventre, ci stupiamo della tua trasparente normalità che rischiamo di svilire con i nostri troppi complimenti. E benediciamo la tua nascita, Maria di Nazareth, perché hai fatto fare bella figura alla nostra piccola e fragile umanità: tu sola riscatti la condizione umana agli occhi di Dio. Insegnaci a credere, sorella nostra, insegnaci a lasciarci fare.

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La celebrazione odierna onora la natività della Madre di Dio. Però il vero significato e il fine di questo evento è l’incarnazione del Verbo. Infatti la Maria nasce, viene allattata e cresciuta per essere la Madre del Re dei secoli, di Dio.

…è pregata

Donami, Maria, di accogliere la mia povertà nella gioiosa certezza che essa è visitata da Dio.

«Vergine madre, figlia del tuo Figlio,  umile e alta più che creatura, termine fisso d’eterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ‘l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura.  Nel ventre tuo si raccese l’amore per lo cui caldo ne l’eterna pace così è germinato questo fiore.  Qui se’ a noi meridïana face di caritate, e giuso, intra i mortali, se’ di speranza fontana vivace. Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia ed a te non ricorre, sua disïanza vuol volar sanz’ali. La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fiate liberamente al dimandar precorre. In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s’aduna quantunque in creatura è di bontate».                

Dante Alighieri

…mi impegna

Oggi, in una pausa di preghiera, sosterò accanto a Maria chiedendole di immergermi nella sua umiltà e piccolezza che le ha permesso di farsi spazio per Dio.

 

Mercoledì 9 settembre 2015 > Mercoledì della Ventitreesima Settimana del Tempo Ordinario

Liturgia della Parola > Lc 6,20-26

La Parola del Signore …è ascoltata

In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».

…è meditata

L’evangelista inserisce a questo punto il grande discorso di Gesù che, a differenza di Matteo, viene posto in pianura, come per renderlo più vicino alla vita ordinaria. E Gesù inizia con le Beatitudini. Ha davanti ai suoi occhi quella folla enorme che attende da lui una parola vera. E Gesù non si tira indietro. Subito mostra loro la sua via di felicità. Non è la stessa via di felicità che il mondo indica agli uomini e alle donne, una via che si rivela spesso fallace e ingannatrice. Gesù non spende molte parole. Ne bastano quattro. Quattro beatitudini, ben delineate e chiare. Egli annuncia ai poveri, agli affamati, agli abbandonati e agli assetati di giustizia che Dio ha scelto di stare accanto a loro. La sua vicinanza e quella dei discepoli sarà per loro il segno di una gioia grande. Essi, sino ad ora esclusi dalla vita, saranno i privilegiati, i preferiti di Dio. Certo, a noi credenti è affidato il gravissimo e affascinante compito di far sentire loro l’amore privilegiato di Dio. Al contrario, con quattro parole, Gesù minaccia tristezza per i ricchi e per i potenti. Essi che cercano la felicità solo per se stessi, saranno abbandonandoli al destino triste di questo mondo.

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Ecco la strada per vivere la vita cristiana a livello di santità. Del resto i santi non hanno fatto altro che vivere le beatitudini. Sono poche parole, semplici parole, ma pratiche a tutti, perché il cristianesimo è una religione pratica, da praticare, da fare, non solo da pensare.

Papa Francesco

…è pregata

Gesù, mite e umile di cuore, rendi il nostro cuore simile al tuo.

…mi impegna

In queste parole c’è tutta la novità portata da Cristo, e tutta la novità di Cristo è in queste parole. In effetti, le Beatitudini sono il ritratto di Gesù, la sua forma di vita; e sono la via della vera felicità, che anche noi possiamo percorrere con la grazia che Gesù ci dona.

Papa Francesco

 

Giovedì 10 settembre 2015 > Giovedì della Ventitreesima Settimanan del Tempo Ordinario

Liturgia della Parola > Lc 6,27-38

La Parola del Signore …è ascoltata

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:  «A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

 …è meditata

Gesù continua a indicare la vera via della felicità e della pace. Pronuncia delle parole mai dette da nessuno: “Amate i vostri nemici, e fate del bene a coloro che vi odiano”. Sono parole davvero estranee alla cultura di questo mondo e, per questo, anche sbeffeggiate. Si dice anche che sono affermazioni belle ma non certo realistiche. Eppure, solo in queste parole il mondo può trovare salvezza, motivi per bloccare le guerre e, soprattutto, impulso a costruire la pace e la convivenza tra gli uomini e tra i popoli. Per Gesù non ci sono più nemici da odiare e da combattere. Per lui – e quindi per ogni discepolo – ci sono solo fratelli e sorelle da amare, semmai da correggere, e comunque sempre da aiutare nel cammino della salvezza. Dio, per primo, si comporta con misericordia e benevolenza verso tutti, anche “verso gli ingrati e i malvagi”. E Gesù presenta ai discepoli di ogni tempo un ideale che è alto come il cielo: “siate misericordiosi, com’è misericordioso il Padre vostro”. Non è un’esortazione morale; è uno stile di vita. Da questo dipende la nostra stessa salvezza.

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L’uomo che perdona è simile al legno del sandalo, che profuma l’accetta che lo colpisce (Proverbio indiano)

…è pregata

O Dio, che nel comandamento del tuo amore ci ordini di amare coloro che ci affliggono, aiutaci ad osservare i precetti della nuova legge rendendo bene per male e portando gli uni i pesi degli altri.

 …mi impegna

Luca propone ai discepoli del Signore una misura di santità che mette i brividi, amare i propri nemici, perdonare, donare senza condizione: tutto ciò manifesta la nostra appartenenza al Signore. Non è, però, il frutto di uno sforzo, una sorta di supereroismo spirituale: la morale cristiana senza Cristo è immorale! Possiamo perdonare perché perdonati, possiamo donare ciò che abbiamo abbondantemente ricevuto, possiamo amare perché, noi per primi, siamo amati dal Signore Gesù.

 

Venerdì 11 settembre 2015 > Venerdì della Ventitreesima settimana del tempo ordinario

Liturgia della Parola > Lc 6,39-42

La Parola del Signore …è ascoltata

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».

…è meditata

Il Vangelo è una parola che aiuta tutti a vivere bene. Non è una parola riservata solo ad alcuni, è per tutti, ed è per la vita di ogni giorno. Quando Gesù afferma: “siate misericordiosi e non giudicate, non condannate e perdonate”, non parla in astratto. Lui, prima di noi, ha messo in pratica queste parole. Esse sovvertono la mentalità di questo mondo che abitua a guardare la pagliuzza nell’occhio degli altri e a dimenticare la trave che è nel proprio. Questa attitudine del mondo non solo ci rende ciechi. Ci conduce anche, inesorabilmente, nella fossa nera della divisione e della violenza. La vera sapienza consiste nell’accogliere nel proprio cuore il seme buono della parola evangelica, vero tesoro della nostra vita. Il cuore che ha ascoltato sarà come un albero, reso buono dal Vangelo, e non potrà non dare frutti buoni.

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C’è una facile ed insidiosa convinzione in noi quando crediamo che scoprendo e smascherando gli altri difetti, ammantiamo e sminuiamo i nostri. Questa subdola insidia ci spinge a giudicare gli altri e a puntare lo sguardo indagatore e il dito accusatore verso gli altri e non verso noi stessi. Attenzione allora agli inquinamenti della nostra vista. Abbiamo il dovere di purificare il nostro occhio affinché possa vedere nella pienezza della luce che lo stesso Signore ci dona e procedere prima, nella verità e nella carità, alla nostra personale correzione e poi a quelle dei nostri fratelli.

…è pregata

Non c’è peggior cieco, Signore, di chi non vuol vedere. E ne è passato del tempo perché anch’io mi accorgessi di non vederci.

Non è facile, Signore, ammettere di essere ciechi quando tutt’attorno fanno a gara per dimostrare di avere la vista più acuta, di scorgere il futuro, di indovinare ciò che è nascosto, di cogliere quanto è in profondità.

Solo quando mi sono reso conto di essere immerso nella notte, solo quando ho percepito con smarrimento e angoscia di non poter venirne fuori con le mie sole forze, solo allora ho inteso la tua voce, ho avvertito la tua presenza e tu mi hai potuto aprirmi gli occhi.

…mi impegna

Gesù invita i suoi discepoli ad essere estremamente onesti con loro stessi, a vivere un’autenticità radicale, in un atteggiamento di continua conversione, di dono della propria vita, di analisi delle proprie azioni. Gesù è un conoscitore straordinario dell’animo umano: ha perfettamente ragione quando dice che siamo sempre pronti a sottolineare i difetti degli altri e a giustificare i propri! Siamo pronti a notare i peccati degli altri, trovando sempre delle scuse quando si tratta di vedere i nostri… Il discepolo, invece, guarda alla luce del maestro più che alle tenebre altrui e, se necessario, sa leggere alle miserie altrui riconoscendo prima le proprie. Un comportamento di maggiore onestà e di correttezza reciproca aiuterebbe certamente il mondo a vivere in un clima di serenità e di comprensione.

 

Sabato 12 settembre 2015 > Santa Caterina Fieschi Adorno da Genova 

Nasce nel 1447 in una delle principali famiglie genovesi. A sedici anni viene data in moglie a Giuliano Adorno, appartenente ad una importante famiglia ghibellina. Vive una vita frivola e mondana ma dopo un incontro con la sorella suora, decide di cambiare vita e condivide le sue esperienze mistiche e caritative con un piccolo gruppo di figli spirituali. Muore il 15 settembre 1510. Dopo la conversione, la vita di Caterina ha il proprio centro nel rapporto con Cristo. Non si dedica però solo alla contemplazione, ma anche all’azione, rivolgendo il suo impegno concreto soprattutto agli ammalati. Opera nella Compagnia delle dame della Misericordia e inizia a visitare il lebbrosario di san Lazzaro, svolge le mansioni più umili; cura pure i bambini abbandonati e fronteggia varie epidemie di peste. Nel 1497 fonda la prima «Compagnia del divino amore», che sarà il modello per analoghe istituzioni di altre città italiane nel quadro di quella che è stata chiamata la Riforma cattolica. Il suo corpo è conservato nella chiesa genovese della Santissima Annunziata in Portoria.

Liturgia della Parola > Mt. 22, 34-40

La Parola del Signore …è ascoltata

Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova:”Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?”. Gli rispose: ” Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello:Amerai il tuo prossimo come te stesso . Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”.

 …è meditata

Nel 1494-95 l’esercito del re francese Carlo VIII ha percorso l’Italia, portando con sé, come dice Francesco Guicciardini, i semi “di orribilissimi accidenti… e infermità fino a quel dì non conosciute”. L’infermità che atterrisce è la sifilide. Esisteva già, ma lo scorrazzare degli eserciti l’ha propagata in dimensioni catastrofiche e con effetti ripugnanti. I malati ricchi chiamano i medici in casa, quelli poveri muoiono per le strade, nei fossi. Ma a Genova, nel 1497, emerge un gruppo che si dedica a questi scarti umani, li accoglie, li nutre, li cura. Animatrice: una signora di rango, Caterina Fieschi, moglie del nobile Giuliano Adorno. Li hanno sposati le famiglie e sono due malmaritati, che stanno insieme per ragioni di facciata; e delle avventure di lui parla tutta Genova.Lei però si libera da questa situazione attraverso un’esperienza mistica che la porta a guidare in Genova la reazione evangelica alla decadenza della Chiesa, anche attraverso la dedizione agli abbandonati; a diventare riformatrice con largo anticipo, attirando nell’impresa anche il marito, e dirigendo l’impegno dei rinnovatori verso un obiettivo preciso: vivere l’esperienza dell’amore di Dio andando dai più infelici e disprezzati. “Andava lei e nettava le miserie e brutture di detti infermi e poveri… con puzze quasi intollerabili et trovava anche quelli che dicevano parole terribili di disperazione”. Qui c’è un aspetto applicato della sua esperienza, che non si ferma a quest’opera com’è descritta dai suoi discepoli. Caterina è una mistica che si tuffa nella realtà, con singolari doti che nel XX secolo si chiameranno manageriali: cambia organizzazione negli ospedali, cerca il nuovo e il meglio tra medici e cure. Ma parte sempre dall’idea di Dio-Amore, di quest’amore che va trasmesso subito a tutti, cominciando dai disperati. Il notaio e umanista genovese Ettore Vernazza, su impulso di lei, dà vita alla fraternità del Divino Amore, movimento di clero e di laici protesi a una riforma radicale della vita cristiana, che servirà di modello ad altre associazioni simili, tutte fondate sulla riforma interiore da un lato e sullo spendersi dall’altro, in ogni necessità. “Madonna Caterinetta”, come la chiamano, si ammala anche di peste curando una malata. E i suoi discepoli scrivono che, “sanata che fu, ritornò al servizio dell’hospidal con gran cura e diligenzia”. Il movimento di riforma cattolica, dall’interno e senza ribellione, reagisce all’indifferenza colpevole di Roma insegnando e facendo, dando coraggio a molti cristiani anche nei tempi più demoralizzanti. Bisogna “piantare in li cori nostri il divino amore, cioè la carità”. Questo è l’insegnamento di Caterina, dispensato e vissuto fino alla morte; la ricetta contro l’inerzia, la premessa per la ripresa. Morta nel 1510, Caterina Fieschi Adorno sarà canonizzata da Clemente XII nel 1737.

…è pregata

O Dio che hai fatto ardere di amore divino santa Caterina Fieschi Adorno, nel contemplare le sofferenze di Cristo, per sua intercessione accendi in noi il fuoco della tua carità e rendici partecipi della Passione del tuo Figlio.

…mi impegna

Alla base del suo insegnamento spirituale, valido anche oggi, Caterina pone la lotta all’amor proprio. Dio deve essere amato per se stesso, non per i suoi doni e grazie. Ed il fine della vita spirituale è proprio arrivare ad amare Dio solo per… amore di Dio. Condizione indispensabile però è spogliarsi dell’amor proprio, perché può impadronirsi del cuore e della mente dell’uomo fino a diventare il vero motore del proprio pensare ed agire, escludendo così Dio dal proprio orizzonte di valori guida. A questa purificazione del nostro io cresciuto troppo a scapito di Dio servono le sofferenze che Dio stesso permette che abbiamo, in questa vita e nel Purgatorio.

 

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